Intervista con Shep Hyken: servizio clienti, fidelizzazione del cliente e un mix perfetto tra personalizzazione e automazione
By Natália Mrázová
| 14. Maggio 2022 |
IntervisteAltro
By N. MrázováNatália Mrázová
| 14 Mag 2022 |
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    By N. MrázováNatália Mrázová
    | 14 Mag 2022
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    Intervista con Shep Hyken:
    servizio clienti, fidelizzazione del cliente,
    e un mix perfetto tra
    personalizzazione e automazione

    Intervista con Shep Hyken

    Shep Hyken, CSP, CPAE è il CAO (Chief Amazement Officer) di Shepard Presentations. Come esperto di servizio clienti e relatore principale, Shep lavora con le aziende che vogliono costruire rapporti di fiducia con i propri clienti e dipendenti.

    La sua attenzione è rivolta a fornire un servizio clienti eccezionale e un coinvolgimento del cliente gestendo la sua esperienza e creando una fidelizzazione. È un membro dell’albo d’oro dei relatori (National Speaker Association – Associazione nazionale dei relatori) ed è un autore di successo del New York Times e del Wall Street Journal.

    Abbiamo invitato Shep Hyken per un caffè virtuale per parlare dei cambiamenti nel servizio clienti, della fidelizzazione del cliente e del mix perfetto tra la personalizzazione e automazione.

    Com’è iniziata la tua carriera? Quando hai avuto l’ispirazione e hai pensato che condividere la tua conoscenza del servizio clienti con gli altri potesse essere uno stile di vita?

    Certo! Allora, non avevo idea che avrei fatto ciò che faccio ora. Ho avviato la mia prima attività all’età di 12 anni, si trattava di un business di spettacoli di magia per feste di compleanno dove intrattenevo i bambini durante le feste, appunto. Quel giorno mia madre mi è venuta a prendere dopo la scuola e mi ha lasciato in questa casa. Li ho intrattenuti per circa 45 minuti.

    Sono stato pagato, e una volta finito sono tornato a casa e mia madre mi ha chiesto “che cos’hai intenzione di fare dopo cena?” Ho pensato che la risposta giusta fosse “i compiti”, perché di solito è quello che si fa durante i giorni di scuola. E lei ha detto “non finché non scrivi una nota di ringraziamento per quelle persone che ti hanno appena pagato.” Poi mio padre ha detto “Fatti risentire tra una settimana. Chiama i genitori, ringraziali di nuovo e chiedi loro se gli è piaciuto lo spettacolo. Poi entra nello specifico, quali trucchi gli sono piaciuti di più? Nel corso del tempo imparerai quali sono i trucchi migliori e quelli peggiori.”

    Mi ha detto di sbarazzarmi dei secondi e sostituirli con quelli che funzionano e di cui la gente parla. parla. Ora, non me ne rendevo conto, ma questa è stata la mia prima lezione sull’esperienza del servizio clienti in quanto mia madre mi consigliava di mostrare apprezzamento. Mio padre diceva “ottieni il feedback e poi ascoltalo, agisci di conseguenza e crea uno spettacolo migliore”, o nel caso di un’azienda, un processo migliore. Ecco che stavo imparando come migliorare un processo. Non ne avevo idea, avevo 12 anni e lo stavo già imparando.

    Quindi ho continuato a esibirmi. Infine ho iniziato a lavorare nei night club e ad eventi aziendali e ho continuato a farlo mentre andavo all’università. Quando mi sono laureato, ho visto un paio di relatori motivazionali e ho pensato “sai cosa? Potrei scrivere un discorso sul servizio clienti.” È ciò che amo di più. È così che è iniziato tutto. È stato molto tempo fa. Ho iniziato a prendere il telefono e a chiamare le aziende chiedendogli se assumessero relatori.

    E se dicevano di sì, io rispondevo “cosa serve per essere considerati? Questo è ciò di cui parlo.” E in men che non si dica mi sono trovato a lavorare per alcune tra le più grandi aziende del mondo. E così è iniziata la mia carriera.

    Ora che tieni discorsi in diretta streaming, ti manca il contatto con il pubblico che hai sempre avuto sul palco? Come lo gestisci?

    Wow. Amo stare sul palco. È divertente. Ma comporta molto lavoro. Penso che sia emozionante perché in questo modo si accumula l’attesa. E sì, mi manca il pubblico dal vivo. Mi manca l’interazione. Tuttavia, sono anni ormai che faccio eventi virtuali. Forse dieci o quindici all’anno. Beh, attualmente sono tipo dieci al mese. E questo è il motivo per cui non ti connetti veramente con il pubblico nello stesso modo, ma in uno completamente diverso. E nell’ultimo anno, sono decisamente migliorato in questi eventi virtuali. Conosco i format che funzionano meglio. Conosco quelli che ottengono il massimo impatto. Conosco il modo per impedire al pubblico di addormentarsi.

    Ci sono persone che dicono che Zoom sia stancante. Ma io dico che la causa è di un pessimo presentatore e pessime riunioni. Ecco di cosa si stancano. E se riuscissi a inserire un qualche tipo di formato un po’ più divertente, anche dei contenuti non proprio importanti ma presentati in maniera coinvolgente, energetica ed entusiasmante, sai, conquisterai il pubblico e così, sarai in grado di offrire il contenuto che intendi.

    È un’esperienza completamente diversa. Ma se ti riesce bene, allora puoi ottenere un bell’impatto. Penso che la cosa più importante sia che, se faccio un discorso presentandomi su un palco o un evento virtuale su una piattaforma Zoom, o qualsiasi altra che si stia utilizzando, richiede lo stesso quantitativo di preparazione, sia che si tratti di un discorso dal vivo che di un evento virtuale su Zoom.

    Non cambia niente eccetto il modo in cui il discorso viene consegnato. Ed è qui che il relatore, almeno per me, deve adattarsi. Dobbiamo saper leggere il pubblico nel miglior modo possibile. Possiamo capire se il pubblico è coinvolto dalle domande e dai commenti che fa. E se c’è un modo per renderli più di teste parlanti che condividono i propri schermi. Questo è l’obiettivo.

    Voglio fare le mie presentazioni in modo virtuale. Voglio renderle forti come lo sono di persona.

    Sala congressi

    Il 2020 ha stravolto il mondo. Nel tuo ultimo libro, Be Amazing or Go Home, parli di abitudini che creano stupore. Ora che siamo nel 2021, aggiungeresti altre considerazioni?

    Penso che la nuova consuetudine sarebbe praticare la flessibilità, e penso che sia una pratica con la quale devi sentirti a tuo agio. Perché se mai ci fosse stato un momento in cui avevamo bisogno di dimostrare la flessibilità, è stato quando le nostre vite sono cambiate in tutto il mondo.

    Non è stato solo in una parte del mondo, in un paese o in un industria, no. L’anno scorso, verso marzo tutto è cambiato.

    E penso che questa flessibilità sia la chiave. Le persone commentano dicendo “oh, abbiamo dovuto cambiare rotta.” Mi piace quest’espressione. L’ho persino usata. E una volta ogni tanto, la inserisco ancora nel mio vocabolario. Ma penso che sia un’espressione sbagliata, perché sottintende il voltare le spalle a qualcosa. E non sopporterei l’idea di aver voltato le spalle a tutte le cose in cui abbiamo avuto successo per provare qualcosa di diverso, di nuovo, una volta, per poi dimenticarcene.

    Credo che la flessibilità ci consenta di mantenere quello in cui abbiamo avuto successo e ci conceda nuovi modi di usarlo, senza mai perdere di vista il motivo che ci ha portati qui fin dall’inizio. Quindi praticare la flessibilità, essere disposto a provare qualcosa di nuovo, il che fa parte della flessibilità, penso sia la consuetudine che aggiungerei a Be Amazing…: le persone sono flessibili.

    In seguito, in uno dei tuoi video su YouTube, hai menzionato che la comodità non è più un’opzione, ma un obbligo per i clienti. Pensi che questa si tratti solo di una tendenza del servizio clienti durante la pandemia, o diventerà una necessità per l’esistenza di un’azienda?

    Questa è un’ottima domanda. Quando ho scritto il libro The Convenience Revolution, l’idea di creare comodità era quasi rivoluzionaria. Ho considerato quello che stavano facendo le aziende migliori, grandi e piccole. Quando dico grandi, intendo tipo Amazon. Quando dico piccole, potrebbe trattarsi del calzolaio in fondo alla strada che ti dice “ehi, passo a prendere le tue scarpe e poi te le lascio lì.”

    È più comodo. Beh, è diventato un elemento distintivo con la concorrenza. E quello che è accaduto durante la pandemia è che tutto a un tratto, tutte le persone che non avevano mai pensato alle opzioni di consegna, hanno dovuto iniziare a pensarci. Devo consegnare un prodotto, che sia del cibo in un ristorante, della spesa da un negozio di alimentari, articoli farmaceutici, qualsiasi cosa.

    Persino le concessionarie di automobili ormai dicono “se vuoi testare un’auto, la portiamo da te.” All’improvviso questa comodità è diventata non solo una tendenza ma anche un’aspettativa.

    E quando questa pandemia sarà alle spalle, i clienti avranno sperimentato cosa vuol dire una grande comodità. Ed è questo che vorranno d’ora in avanti.

    Per prima cosa, la comodità è integrata a tutto il resto. Deve essere integrata nel processo. Ma ciò che ho notato, se vogliamo chiamarlo cambiamento importante, è che siamo stati spinti immediatamente nel futuro. E ti fornirò un buon esempio su ciò che voglio dire, ma prima lasciami finire questo concetto.

    La tecnologia, l’innovazione e tutto ciò che si è verificato nel corso di quest’ultimo anno durante la pandemia sembra totalmente nuovo. Ma in realtà non lo è. È stato semplicemente adattato, o si tratta di tecnologie che c’erano già prima. In quest’ultimo anno durante la pandemia, non ci sono state molte invenzioni. Quello che è successo è che molte cose sono state adattate. Saremmo entrati nel futuro nel giro di tre-cinque anni se la pandemia non fosse esistita.

    Quello che stiamo sperimentando oggi è quello che alla fine avremmo sperimentato in ogni caso. E per dirlo con termini più comprensibili da tutti, abbiamo visto centri commerciali al dettaglio, grandi magazzini, negozi in difficoltà chiudere i battenti quando la pandemia ha colpito, e sempre più negozi hanno cessato la propria attività.

    Alcuni riveditori dei centri commerciali hanno capito come fare successo e rimanere nei centri commerciali, ma molti altri hanno avuto difficoltà economiche. Ma erano in difficoltà ben prima della pandemia. La pandemia non ha fatto altro che accelerare i problemi. E se la pandemia non fosse mai avvenuta, nell’arco di tre-cinque anni a partire da ora, quei negozi sarebbero probabilmente arrivati al collasso economico, lottando duramente proprio come oggi,se mi spiego.

    Cosa ti ha sorpreso di più in maniera positiva tra i cambiamenti del servizio clienti durante la pandemia?

    Beh, quello che mi ha sorpreso è quanto rapidamente si sono adattate le aziende.

    Come detto, il mondo intero è andato a sbattere contro un muro, non solo una nazione, una regione, un’azienda, ma l’intero pianeta. Abbiamo visto aziende che disponevano di 60.000 dipendenti e di centri di assistenza in tutto il mondo, costrette a far lavorare ogni singola persona da casa.

    E lo hanno fatto in un modo incredibilmente veloce. Era una questione di un paio di settimane, o al massimo tre, prima che alcune di queste aziende ritornassero agli affari come d’abitudine.

    E mi ha impressionato il fatto che quando hai le spalle al muro e ti rendi conto che le opzioni sono limitate, capisci quali sono quelle disponibili e ti comporti di conseguenza. Le aziende si sono mobilitate.

    Ho notato anche che i clienti, almeno a breve termine, sono stati molto pazienti in quanto nessuno sapeva quello che stava accadendo.

    C’era anche frustrazione. Voglio dire, è ovvio, se qualcuno chiama un’azienda e viene messo in attesa per ore e ore. Ed era effettivamente quello che stava accadendo perché le aziende stavano cercando di adeguarsi. Ovviamente, non erano preparate. Nessuno era preparato. E credo che queste aziende meritassero un po’ di tregua. Penso che per alcune delle aziende più grandi che non avevano un programma che dicesse “le tue chiamate sono importanti”, saranno tempi molto difficili.

    “Stimiamo che l’intero periodo sia” qualunque sia la quantità di tempo, o “ti forniamo l’opzione di richiamarti”. Alcune aziende ancora non possiedono questa tecnologia. Dispongono di grandi centri di assistenza. Li biasimo per questo perché avrebbero potuto gestire molto meglio l’esperienza dei clienti con una tecnologia conveniente come questa. Tuttavia, quello che ho notato è che in un breve periodo di tempo si sono rimessi in sesto.

    E guardo dove siamo arrivati oggi, e in effetti penso che abbiamo fatto progressi in relazione ad alcuni dei nostri processi. Abbiamo già usato questo termine in precedenza: acceleratore. Credo che con la pandemia sono successe cose brutte, ci sono state morti, aziende che hanno faticato ad andare avanti e in alcuni casi hanno cessato l’attività.

    Credo anche che per molte aziende la pandemia abbia rappresentato una sorta di acceleratore per creare un’esperienza migliore. Forse quest’anno avremo delle difficoltà, sai, come l’anno scorso e forse sarà così anche nel prossimo anno. Ma credo che a lungo termine questa esperienza ci renderà migliori.

    Shep Hyken

    Nella tua rubrica su Forbes.com hai affermato che le relazioni non possono essere automatizzate. Come trovare il giusto compromesso tra l’automazione e il creare delle relazioni?

    Ottima domanda. Se prendi in esame le aziende migliori, potrai vedere che hanno scoperto una sorta di equilibrio tra il mondo digitale e quello umano. E penso che la chiave sia semplificare il tutto per ottenere le informazioni a prescindere da cosa voglia il cliente.

    C’è una parte dei clienti che dice “ehi, voglio ottenere velocemente le informazioni e sono contento di provarci da solo.”

    “Dammi un sito web, dammi i download, dammi dei video tutorial, dammi delle conoscenze di base, con domande frequenti e sarò veramente contento. In questo modo, non devo chiamare, non devo essere messo in attesa, non devo darti il mio numero di account”, insomma quel tipo di cose. Tuttavia ci sono altri clienti che usano il telefono come prima scelta.

    Devono essere soddisfati entrambi. Puoi provare a istruire i tuoi clienti a usare le risorse digitali, le opportunità self-service di cui dispongono.

    Ma allo stesso tempo, se non vogliono usarle, semplifica il passaggio all’operatore in carne e ossa. Uno dei miei esempi preferiti è il grande rivenditore online Zappos.com. Quello che amo di Zappos è che, anche se si tratta solo di ordinare online e ricevere le cose a casa senza mai parlare con nessuno, c’è un numero di telefono per contattarli su ogni singola pagina del sito web. Rende tutto più semplice. E quando chiami, sono felici di aiutarti.

    E c’è una percentuale di clienti che, anche se si tratta di un’azienda online, chiamerà per chiedere aiuto, e loro lo hanno reso facile. Le aziende migliori sono in grado di farti passare da un’esperienza digitale a una umana, quando inizi a a diventare frustrato perché non stai ottenendo le risposte che ti servono.

    E tra l’altro, a proprosito di quelle aziende, ciò che le rende migliori è che non fanno ritornare i clienti al punto di partenza. Quando infine parlano con una persona, l’operatore sarà in grado di dire “ehi, ho notato che eri sul nostro sito web e stavi dando un’occhiata a…” qualunque cosa fosse, “puoi darmi più informazioni sull’entità del problema?” E all’improvviso quel cliente dice “wow, è perfetto. Non devo ricominciare da capo e raccontare di nuovo tutta la storia.”

    Quindi è questo quello che fanno alcune delle migliori aziende. Si tratta di equilibrare l’automazione con l’esperienza digitale e quella umana.

    Al giorno d’oggi, in che modo si costruisce una fidelizzazione dei clienti B2B?

    Sì, parliamone, perché la fidelizzazione B2B è diversa da quella B2C.

    Quella B2C riguarda il far tornare il cliente più e più volte, che tra l’altro è ciò che fa anche quella B2B.

    Ma è comunque diverso perché, in quanto consumatore B2C, anche se i centri commerciali sono in crisi, se dovessi entrare in uno di essi e decidessi di comprare un paio di pantaloni, avresti comunque a disposizione venti negozi diversi in cui andare.

    Nel mondo B2B un cliente ha meno scelte, soprattutto quando si tratta di un produttore che abbia un prodotto specifico.

    Forse al mondo ci sono solamente alcuni produttori che offrono quel determinato prodotto. Quindi quello che cerchiamo in una relazione B2B non è solo un cliente fidelizzato. Vogliamo smettere di usare la parola cliente e vogliamo che diventino i nostri partner. E quando crei un rapporto che sia tra un venditore e il cliente, allora quel rapporto sembrerà sotto steroidi.

    Quindi concentrati sulla partnership quando collabori con i tuoi clienti, in modo da mostrare che sei molto più interessato al loro successo che alla vendita. E vedrai che ritorneranno da te continuamente.

    I Millenials e la generazione Z stanno plasmando il futuro del business. Quali caratteristiche li contraddistinguono dalle altre generazioni? Secondo te, cosa pretendono dal servizio clienti? Cosa consiglieresti per soddisfare le loro aspettative?

    Wow, ottima domanda. Questa generazione è speciale. E quello che mi da fastidio è che la percezione che la generazione precedente ha di queste nuove non è precisa.

    Ci sono molti di quelli che io definirei punti in comune tra le due generazioni, e a volte quella più vecchia, a volte entrambe, non riescono a vedere queste affinità.

    Ma ti dirò quello che vogliono tutti, anche se lo definiscono con termini diversi. La nuove generazioni vogliono buoni affari, che non riguardino solo il prezzo. Vogliono sentirsi connesse con l’azienda. Vogliono sapere se l’azienda rappresenta qualcosa di cui sono interessate.

    Quindi un’azienda che è focalizzata sui problemi ambientali e sulla custodia del nostro pianeta, ad esempio, potrebbe avere un enorme interesse per le nuove generazioni. E di conseguenza, compreranno in base al coinvolgimento della comunità nella causa, la condivisione dell’interesse che hanno in quelle cause. Fa parte dell’accordo. Dobbiamo dare uno sguardo a come i millenials e le altre generazioni comprano al giorno d’oggi.

    Devi considerare quello che gli interessa, il modo in cui vorrebbero il processo e come vogliono sentirsi connessi. Abbiamo ottime opportunità. Questi clienti costituiscono una percentuale enorme della nostra popolazione quindi non possiamo trascurare le loro esigenze specifiche. Ci sono moltissimi ottimi libri, articoli e indicazioni sul modo in cui gestirli. Non sono un esperto di generazioni, ma posso dirti questo. Bisogna prestare attenzione a quelle che sono le generalità di queste generazioni, in modo tale da poter soddisfare, se non addirittura superare le loro aspettative.

    Quale consiglio daresti ora alle aziende SaaS? Come possono affrontare il servizio clienti e costruire analisi competitive con un’impeccabile esperienza del cliente?

    SaaS, software as a service, è un modello di abbonamento. Significa che ti pago una commissione. Potrebbe essere mensile, trimestrale o annuale. E continuo a ricevere il tuo prodotto.

    E l’errore più grande che le aziende SaaS commettono sta nel processo di rinnovo.

    Pensano che se mi sono iscritto per un anno, un mese prima di rinnovare, inizieranno a tempestarmi di motivi sul perché io debba rinnovare ancora. Innanzitutto hai bisogno di iniziare la procedura di rinnovo il giorno che il cliente decide di acquistare. E hai bisogno di ricordare continuamente loro quanto sei bravo. E questo potrebbe voler dire contattarli periodicamente.

    E a seconda del tipo di azienda che hai, potrebbero essere 30 o 60 giorni, o solo due volte all’anno. Ma se li contatti solo per vendergli qualcosa, penso che tu stia commettendo un grave errore.

    Dimostra il tuo valore strada facendo. Non sto dicendo che devi regalare niente, ma ci sono delle cose che puoi fare. Magari puoi creare un video che non c’entri nulla con il vendere qualcosa al cliente. Ma mostra in che modo usare un prodotto a cui si stanno abbonando. Forse è un video di un cliente. E tra l’altro, questi video non sono promozionali. È davvero importante. Non è solo un cliente che dice “questo è il miglior software che abbia mai avuto.”

    No, è un cliente che dice “stimo usando questo software da due anni e abbiamo trovato un nuovo modo per utilizzarlo” e “ecco il modo in cui lo usiamo”. E l’azienda dice “ehi, forse anche gli altri tuoi clienti vorrebbero sentire qualcosa a riguardo, quindi possiamo creare un contenuto a valore aggiunto per confermare che la decisione di acquistare da noi e usare i nostri prodotti è stata la migliore.” Il processo di rinnovo avviene automaticamente ogni volta. Ogni mese, ogni trimestre, ogni anno, il cliente deve prendere una decisione, “voglio andare avanti?”

    Diranno “sì, amo quest’azienda. Il software funziona. Continuo a imparare modi migliori per usarlo, Sono un partner, non solo un cliente.”

    Come trovare quest’equilibrio tra le aspettative del consumatore e le competenze dell’azienda?

    Penso che si tratti di educazione. L’azienda ha bisogno di educare il cliente a usare al meglio i propri prodotti. E questa è la prima cosa da fare. Secondo, quando il cliente ha determinate aspettative, è opportuno istruirlo sul fatto che dovrebbe chiamarci e chiederci informazioni su quelle aspettative, e se abbiamo una soluzione per soddisfarle.

    E se la risposta è negativa, cercare un altro modo per farlo. O forse una cosa tipo “questo è quello che fa il nostro programma, ma posso consigliarti qualcos’altro che puoi usare in aggiunta al nostro programma?” E quando inizi a formulare raccomandazioni persino sui prodotti o le pubblicità della concorrenza, ancora una volta, mostri che sei più interessato al successo dei clienti che alla vendita. La vendita è il risultato anche di questo.

    Ritorniamo su questa parola: partnership. Mostra che ti prendi cura di quel cliente, ma l’equilibrio tra le aspettative e le capacità dell’azienda ricade sulla facoltà dell’azienda di istruire il cliente, il consumatore, il partner, di ciò di cui è capace e di come fare per comunicare i propri interessi e le proprie aspettative, se sembra che vada oltre le proprie capacità.

    Beh, direi che hai molta fiducia nel tuo prodotto se sei disposto a parlare della tua concorrenza.

    Decisamente. Sì.

    Molti non lo farebbero, perché si sentirebbero insicuri. Ma una volta diventato cliente, sarei sorpreso se mi dicessero di passare a un’altra azienda che mi possa offrire quel qualcosa.

    Una sera ero in un ristorante e stavo parlando di cibo con il proprietario. Lui ha iniziato a consigliare altri ristoranti nella zona da provare.

    E mi ha detto che era così fiducioso che saremmo tornati nel suo ristorante, che non importava se ogni tanto andavamo da un concorrente. Allora perché non consigliare il concorrente se è quello giusto?

    E ho pensato “wow, questo tipo ha un sacco di fiducia in se stesso.” Ha proposto che la settimana dopo, piuttosto che tornare al suo ristorante e provare qualcosa di nuovo, avremmo dovuto provare qualcosa di nuovo al ristorante di un concorrente.

    E penso che sia davvero un bel modo di comportarsi.

    Ho visto delle aziende, non molte, ma in tutti i tipi diversi di attività, fare delle raccomandazioni. Uso me stesso come esempio. Ogni volta dico ai miei clienti “volete un grande relatore per le vostre riunioni, e io penso di essere la scelta perfetta, ma se per qualsiasi ragione credete che non lo sia, fatemelo sapere.”

    Fatemi sapere il perché. Fatemi sapere cosa cercate e vi consiglierò qualcuno che possa fare al caso vostro. Sono felice di farlo. È la vostra riunione. Non voglio andare lì e fallire davanti ai vostri occhi. Quindi preferirei darvi la persona che desiderate, piuttosto che rischiare di scontentarvi se quello che faccio non è esattamente quello che avete in mente. Quindi, penso che la fiducia consista nel far sapere a quel cliente che “ehi, se lo vuoi, sono la persona che cerchi.”

    E questo è quello che cerchiamo. Lottiamo per creare fiducia con i nostri clienti.

    Quale tra i tuoi libri è il tuo preferito?

    Mi stai chiedendo di scegliere quale figlio sia il mio preferito.

    L’altro giorno qualcuno ha detto, Shep, per favore mi invieresti quello che pensi sia il tuo libro preferito? E io ho afferrato due libri. Li amo tutti. In effetti, ho un ottavo libro in uscita entro la fine dell’anno. È intitolato I’ll Be Back: How to Get Customers to Come Back Again and Again.

    Sono molto emozionato riguardo quel libro, perché è veramente incentrato sul convincere i clienti a tornare. C’è del buon nuovo materiale dal quale otterrete molte conferme, oltre che idee.

    Ma se ora dovessi scegliere un libro da dare a qualcuno, gli darei uno di questi due. Il primo è The Convenience Revolution. Devi capire come la comodità debba essere parte del tuo processo.

    E mi piacererebbe consigliare anche Amaze Every Customer Every Time, perché è pieno di suggerimenti, strumenti, strategie e tattiche da usare per tutti i tipi di aziende, per far sì che i clienti ritornino continuamente.